Dolori addominali, cefalea e dermatite: attenzione al nichel e all'allergia sistemica
Cosa hanno in comune un orecchino di bigiotteria, una pentola di acciaio e gli alimenti di origine vegetale? Tutti e tre contengono il nichel!
Il nichel è un metallo pesante duro, altamente resistente all’aria e all’acqua.
E’ un elemento onnipresente che si trova nel suolo, nell'acqua, nell'aria e nella biosfera.
La maggior parte del nickel prodotto viene utilizzato per la produzione di acciaio inossidabile, usato prevalentemente per la produzione di pentolame. Inoltre, viene utilizzato per la fabbricazione di articoli di bigiotteria e gioielleria, orecchini, piercing, chiavi, occhiali, tinture per ceramiche, porcellane, vetro, ma anche come colorante per gli alimenti, per detersivi, saponi e per cosmetici come il mascara e l’ombretto.
Il nichel è presente anche negli organismi viventi perché sia i vegetali che gli animali assumono il loro nutrimento dal suolo e dall’acqua.
A questo punto vi starete chiedendo perché vi stiamo parlando del nichel: il nichel è la principale causa di dermatite allergica da contatto (Dac) e di una forma di allergia (allergia sistemica al nichel) che non coinvolge solo la pelle ma anche altri tessuti e organi del corpo. Nei soggetti affetti da queste forme di allergia una dieta a basso contenuto di nichel potrebbe rivelarsi indispensabile per il benessere e la riduzione della sintomatologia.
La forma clinica classica determinata dall’allergia al nichel è la dermatite allergica da contatto (Dac) ed è solitamente facile da riconoscere: appare come un eczema zonale confinato alle sedi cutanee a stretto contatto con oggetti rilascianti nichel come i lobi delle orecchie (orecchini), i polsi (orologi), il collo (catenine), la regione ombelicale (bottoni dei jeans). Secondo dati pubblicati dal sistema europeo di vigilanza sulle allergie da contatto, in Europa risulta essere positivo a diagnosi di Dac il 20% della popolazione, e l’Italia in particolare sarebbe il primo Paese in Europa per prevalenza di allergici al nichel (32,1%) con un rapporto tra donne e uomini in media di 8 a 1 e con maggiore prevalenza nelle persone che svolgono alcune professioni come il parrucchiere.
Invece la sindrome da allergia sistemica al nichel (Snas) può avere due tipi di manifestazioni:
- Sintomi cutanei (Dsc: dermatite da contatto sistemica)
- coinvolgimento di aree precedentemente esposte al metallo con flare-up, cioè riaccensione, delle lesioni eczematose e coinvolgimento di aree precedentemente non esposte sotto forma di orticaria, prurito e altri tipi di lesioni eczematose
- Sintomi extracutanei
- a carico dell’apparato gastrointestinale (dolori addominali, diarrea, vomito, meteorismo, pirosi, nausea, stipsi etc.)
- a carico dell’apparato respiratorio (rinite ed asma)
- neurologici (cefalea)
- generali (febbre, fibromialgie, artralgie, sindrome tensione-stanchezza etc.).
Sulla prevalenza i dati in letteratura sono molto disomogenei, tuttavia in alcuni studi italiani si è osservato che quasi la metà dei soggetti allergici al nichel potrebbe avere diagnosi di allergia sistemica.
Come viene fatta la diagnosi? La diagnosi di “Dac” da nichel si avvale del patch test (esso riproduce la modalità dell’esposizione del paziente al metallo, cioè il contatto cutaneo).
Tuttavia al patch test va sempre associata un’attenta anamnesi e la storia clinica del paziente. Decisamente più complesso è il problema della diagnosi delle manifestazione della “Snas”, sindrome da allergia sistemica al nichel.
L’unica possibilità diagnostica è quella che riproduce l’esposizione naturale cioè il test di esposizione o provocazione. Nella patologia indotta dall’esposizione al nichel per via inalatoria, ci si avvale soprattutto del test di provocazione nasale, mentre nel caso dell’esposizione per via alimentare, il procedimento prevede il test di provocazione orale con l’alimento sospetto preceduto dalla dieta di eliminazione diagnostica dell’alimento stesso. Altri eventuali test, come ad esempio il patch o il prick, hanno solo valore orientativo, di supporto, ma non sono da considerarsi diagnostici.
Il nichel negli alimenti: un “problema” ancora da risolvere
La quantità di nichel negli alimenti è molto varia, e dipende dalle concentrazioni di questo metallo presenti nel suolo in cui si coltivano i prodotti vegetali, e nell’acqua dalla quale si abbeverano gli animali da allevamento, o con la quale si irrigano i campi adibiti a coltivazione.
La variabilità dipende da numerosi fattori: la concentrazione di nichel nelle acque e nel terreno è diversa in tutte le zone del mondo, varia per stagione, stato di inquinamento, utilizzo di fertilizzati e pesticidi. Grossolanamente si può affermare che i prodotti di origine animale (carne, uova, latte) contengono valori 4 volte inferiori di nichel rispetto ai prodotti di origine vegetale. Gli alimenti rappresentano per l’uomo la principale fonte di nichel, tuttavia quando si valutano diverse fonti della letteratura scientifica per definire i gruppi di alimenti ad alto contenuto di nichel ci si trova di fronte a dati molto differenti tra loro: si passa da elenchi ridotti con pochi alimenti nelle prime pubblicazioni degli anni ‘80 e ‘90 ad elenchi di alimenti decisamente più ampi negli anni recenti ed in particolare nelle ricerche effettuate qui in Italia. Il motivo di queste differenze sta sostanzialmente nel fatto che non è definita una concentrazione soglia in mg/Kg rispetto alla quale un alimento possa essere definito “ad alto contenuto” ma sono utilizzate soglie diverse in ogni paese europeo. In Italia uno studio del 2008 ha definito “alimenti ad alto contenuto di nichel” quelli che superano il valore di 1 mg/kg di prodotto. Questo valore soglia potrebbe sembrare banale da definire, ma ha dei risvolti molto importanti sia per fare diagnosi di allergia sistemica al nichel, sia per un’eventuale dieto-terapia.
Tuttavia anche se il contenuto di nichel degli alimenti è variabile in funzione del contenuto di nichel nel suolo e nelle acque, e quindi varia di regione in regione, in funzione del momento stagionale e degli eventi climatici, e nonostante esso possa variare nel medesimo alimento anche di dieci volte, per alcuni alimenti c’è un accordo praticamente unanime a considerarli senza dubbio ad alto contenuto a prescindere dal contenuto di nichel nel suolo in cui sono coltivati. Essi sono: arachidi, fagioli, lenticchie, piselli, soia, avena, cacao (e cioccolato), noci, nocciole, molluschi, frumento integrale e cibi in scatola.
Abbiamo quindi raggruppato questi ed altri alimenti più notoriamente studiati in una tabella in cui abbiamo indicato con il colore rosso gli alimenti che ad unanimità vengono considerati ad alto contenuto di nichel, in arancio quelli che vengono citati solo in alcuni studi o per alcuni vengono considerati con contenuto medio, e in verde quelli con contenuto di nichel basso.
ALTO CONTENUTO | | MEDIO CONTENUTO O DUBBIO | | BASSO CONTENUTO |
Cacao/ cioccolato | | Agrumi/ pere/ mele | | Cavolo |
Frutta secca | | Carote | | Cetriolo |
Legumi | | Cipolla/ aglio | | Mais |
Cibi in scatola | | Birra/vino | | Frumento e farine raffinate |
Frumento integrale | | Tè / Caffè | | Patate |
Molluschi | | Funghi | | Riso |
| | Pomodori | | Frutta (non elencata prima) |
| | Aringhe/ sgombro/ tonno/ crostacei | | Pesce (non elencato prima) |
| | Spinaci/ lattuga | | Tutti gli alimenti non nominati nelle precedenti colonne |
Non in tutti gli studi effettuati viene raccomandata una dieto-terapia a basso contenuto di nichel, poiché i dati appaiono dubbi sugli effettivi miglioramenti della sintomatologia legata all’allergia.
Tuttavia secondo le indicazioni presenti in alcuni studi o nei protocolli di molte cliniche che si occupano specificamente di Snas, chi ha una diagnosi di sindrome da allergia sistemica al nichel dovrebbe evitare o assumere in piccole dosi e con frequenza molto diradata nel tempo gli alimenti elencati nella colonna rossa, ovvero ad elevato contenuto di nichel; limitare l’assunzione degli alimenti con medio contenuto di nichel o sui quali si nutrono ancora dei dubbi, e consumare con tranquillità e secondo le proprie porzioni gli alimenti della colonna verde, notoriamente a basso contenuto di nichel.
Un’attenzione ulteriore va fatta per l’acqua potabile di rubinetto, le pentole in acciaio inox e il fumo di sigaretta. Ma anche per questi tre “imputati” i dati in letteratura sono controversi e dunque non tutte le cliniche consigliano particolari attenzioni o misure preventive. In particolare l’acqua di rubinetto contiene valori di nichel variabili tra 1 e i 10 microgrammi/litro (dunque non influenti), ma questi valori potrebbero aumentare se l’acqua di rubinetto è calda, se è quella lasciata scorrere i primi minuti al mattino, oppure se essa può erodere parti del rubinetto (in metallo). Per quanto riguarda pentole in acciaio inox (lega formata da nichel e ferro) esse potrebbero rilasciare piccole tracce di nichel soprattutto se il cibo in cottura è particolarmente acido (pomodori, agrumi, frutta, aceto), ma alcuni studi hanno dimostrato che questo fenomeno avviene soltanto se la pentola è nuova oppure se vi è un’abrasione sulla sua superficie. Infine nei prospetti di dieta consigliati non si accenna mai all’opportunità dell’astensione del fumo di sigaretta nonostante ogni sigaretta ne contenga una quantità che varia tra l’1 e i 3 microgrammi e nonostante non si possa escludere il sospetto che la grave esposizione al fumo di sigaretta possa essere nichel- sensibilizzante.
Possiamo concludere dicendo che sono ancora molte le domande che rimangono senza risposta per quanto riguarda la sindrome da allergia sistemica al nichel: quanto basso deve essere il valore di nichel della dieta? rispetto a quali parametri? quanto restrittiva deve essere la dieta? quali alimenti sono da escludere? quale atteggiamento prendere rispetto all’uso di pentole ed utensili in
acciaio inossidabile? e l’acqua? e il fumo di sigarette? ed inoltre quali sono gli obiettivi del
trattamento e per quanto tempo deve essere protratta la dieta?
Per rispondere a queste domande occorreranno altri studi, magari condotti con metodi più rigorosi e su un campione più ampio della popolazione. Per quanto riguarda la nostra esperienza clinica, tutti i pazienti con diagnosi di allergia sistemica al nichel che abbiamo trattato hanno trovato giovamento nel aver seguito una dieta a basso contenuto di nichel per circa 6-8 mesi e con il reintegro graduale degli alimenti notoriamente ad alto contenuto di nichel (da consumare con frequenza più sporadica).
Cari lettori vi diamo appuntamento a lunedì 3 giugno con un nuovo articolo! Buona settimana a tutti!
Dott. Mario Russo, Dietista - Esperto in Alimentazione, Dietetica, Educazione Alimentare e Nutrizione;
Presidente ADEPO – Associazione di Dietetica E Psicologia per l’Obesità e il sovrappeso.
Dott.ssa Viviana Valtucci, Dietista e Nutrizionista - Esperta in Alimentazione, Dietetica, Educazione Alimentare e Laureata in Nutrizione Umana;
Vicepresidente ADEPO – Associazione di Dietetica E Psicologia per l’Obesità e il sovrappeso.
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Bibliografia:
-Pizzutelli S.(2010) Il nickel: l’allergia sistemica e la dieta
-Sharma A. (2007) Relationship between nickel allergy and diet. Indian J Dermatol Venereol Leprol 73:307–312.
-Falangiani et al.(2008) Systemic nickel allergy syndrome (SNAS). A review. Rev Port Imunoalergologia 2008; 16 (2):135-147.
-Schiavino D. (2005) Systemic nickel allergy. Int J Immunopathol Pharmacol. Oct-Dec;18 (4 Suppl):7-9.
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